di Giulia Zanatta
Alessitimia è un concetto psicologico introdotto alla metà degli anni ’70. Da allora le pubblicazioni scientifiche a riguardo si sono moltiplicate e l’interesse per la ricerca in questo campo è cresciuto in tutto il mondo.
Cosa è l’Alessitimia
Un termine che deriva dalle radici greche a = mancanza, lexis = parola, thymos = umore o emozione. Come la stessa origine della parola ci indica, l’alessitimia descrive un gruppo di caratteristiche quali difficoltà a identificare e descrivere i propri sentimenti, assenza o quasi di fantasia e uno stile di pensiero orientato verso l’esterno. Inizialmente, il contributo più importante alla comprensione di questo tratto di personalità è stato dato dagli psicoanalisti. I teorici dell’alessitimia, infatti, si basano sulle relazioni oggettuali e anche sulla teoria dell’attaccamento e sui modelli teorici dello sviluppo degli affetti e della elaborazione emotiva. L’alessitimia è un costrutto teorico fondamentale per capire l’influsso delle emozioni sulla malattia fisica e sulla salute.
Alessitimia e trauma
Come riportato nel libro Alessitimia. I progressi della ricerca, della teoria e della pratica clinica “La storia dell’alessitimia e l’interesse per il trauma corrono paralleli all’emergere e allo sviluppo della teoria dell’attaccamento cominciata con i contributi di John Bowlby tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70. (…..) Oggi si sa per esempio che le esperienze di attaccamento nella prima infanzia influiscono sullo sviluppo degli schemi emotivi, dell’immaginazione e delle altre capacità cognitive che riguardano la regolazione delle esperienze affettive.
Diversi studi hanno dimostrato un’associazione fra alessitimia e attaccamento insicuro; e ci sono prove che l’alessitimia o la difficoltà a individuare i sentimenti è associata a esperienze che vengono retrospettivamente riferite a fatti negativi avvenuti durante l’infanzia, in particolare di essere stati trascurati emotivamente” (per approfondire il contributo di John Bowlby e la teoria dell’attaccamento si veda il nostro articolo). L’eziologia dell’alessitimia è un campo in realtà ancora in una fase di ricerca e approfondimento e serve a far progredire la comprensione dell’alessitimia stessa e della sua cura. Sicuramente essa riflette un deficit nell’individuare, identificare e riconoscere le emozioni ma quando è da considerarsi come deficit e quando come difesa psicologica?
Alessitimia. I progressi della ricerca, della teoria e della pratica clinica
Il libro appena pubblicato “Alessitimia. I progressi della ricerca, della teoria e della pratica clinica” (Fioriti Editore 2020) riesce a riunire in un unico testo tutti gli aspetti, sia teorici che clinici che di ricerca, riguardanti l’alessitimia. Dopo venti anni dalla pubblicazione di Disturbi della regolazione affettiva: l’alessitimia nelle malattie mediche e psichiatriche (Fioriti 2000), questo manuale descrive in modo dettagliato tutti i progressi fatti in ambito clinico e di ricerca.
La letteratura sul tema ha approfondito e collegato l’alessitimia a molti altri costrutti psicologici e manifestazioni cliniche. Dalla memoria al linguaggio, dalla somatizzazione al collegamento con i disturbi depressivi, del comportamento alimentare, da uso di sostanze (per citarne solo alcuni): ogni capitolo del libro analizza la letteratura e riassume le conclusioni a cui gli studi, ad oggi, sono giunti. Fino a determinare quale deve essere e sarà la prospettiva futura, come la ricerca neuroscientifica (per esempio gli studi di neuroimaging o la correlazione con i fattori biologici) possa influire e approfondire la conoscenza sull’argomento.
Terapia
Non esiste una terapia specifica per l’alessitimia, in quanto essa si presenta come tratto di personalità in comorbilità con altri disturbi. Per una consulenza personalizzata in ambito psicologico-psichiatrico potete inviare una e-mail a prenotazioni@centroarchimede.org oppure visitare il sito www.centroarchimede.org.
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