di Renzo Ardiccioni – Professore associato – Le Mans Université
Felicità e lavoro a prima vista sembrano due termini contrastanti, ma le cose non stanno proprio così. In effetti, siamo abituati a considerare il management in termini di strutture, produzione, efficienza, competenza e così via. Si percepisce, quindi, un chiaro senso di verticalità. L’organizzazione viene di solito pensata come molto ben strutturata ai fini dei ricavi ottimali ed espansioni possibili, ma forse si possono vedere le cose in maniera diversa. Ci può venire in aiuto la psicologia positiva, con il suo modo di pensare in modo differente anche le dinamiche di lavoro.
La psicologia positiva è una branca evolutiva della psicologia, centrata sullo sviluppo personale dell’individuo per una vita più sana e felice. Mentre altri settori della psicologia classica tendono a focalizzarsi sulle disfunzioni o sui comportamenti anomali, il principale obiettivo della psicologia positiva è quello di aiutare le persone a essere più felici. Martin Seligman and Mihály Csíksentmihályi (2000), i due padri fondatori della psicologia positiva, la illustrano in questi termini: “Il campo della psicologia positiva a livello individuale si basa sulla ricerca del valore di esperienze soggettive: benessere e soddisfazione (in passato), speranza e ottimismo (nel futuro), flow e felicità (nel presente). Vedremo come il flow sia particolarmente importante nel definire la felicità al lavoro.
Management positivo – Il piacere dell’onestà
Uno dei concetti più interessanti su questo punto venne introdotto da Robert Greenleaf (1977), il quale presentò il concetto di “leader servitore”, sebbene in fondo la nozione non fosse proprio nuova (si pensi infatti all’etimologia del termine ministro, che significa appunto servitore). Il concetto di “leadership al servizio” è stato ampiamente studiato e approfondito in tutti gli studi e ricerche sul management. Questa attitudine viene correlata a molti aspetti positivi di operazioni intra-aziendali, permettendo di modulare un’efficienza di squadra in cui tutti i membri siano saldamente uniti verso un empowerment positivo progressivo e un accrescimento della soddisfazione fra i collaboratori.
Quando un dirigente d’azienda crede nei suoi dipendenti, costoro si sentono più responsabili, più implicati, più motivati. In un numero sempre crescente di aziende, i dipendenti decidono insieme programmi e scadenze, che non vengono più imposti dall’alto come nel vecchio modello di management. In tal modo, attraverso la fiducia reciproca, viene accresciuto il livello di benessere al lavoro.
Inoltre, la fiducia è anche al cuore dell’innovazione. In effetti, nelle società in cui esiste una fiducia reciproca, ognuno può esprimere liberamente la propria opinione, a prescindere dal livello gerarchico e dalla posizione occupata. I dipendenti trascorrono così una gran parte del tempo lavorativo su progetti innovativi di loro gusto, in una sorta di brainstorming collettivo in cui ogni possibile errore fa parte del gioco e i successi vengano riconosciuti e apprezzati (Lecomte, 2016).
Il leader incoraggia i collaboratori a utilizzare nuovi approcci, a vedere le cose da altri punti di vista, senza censurare alcuna idea solo per il fatto che differiscono dalle proprie (per un approfondimento sul tema della leadership, “Management e leadership. In che modo la prospettiva evoluzionistica può migliorare la gestione delle risorse umane” di Nigel Nicholson aiuta a comprendere e gestire i disagi legati alla vita sociale moderna e quindi a migliorare l’ambiente lavorativo). Il “pensiero laterale” viene definito come modo comune di riflettere, sempre nell’idea di inquadrare ogni problema da angoli diversi, ridefinendoli attraverso nuove prospettive.
È questo il segreto dell’innovazione e creatività nei luoghi di lavoro (De Bono, 1985). Teniamo poi presente che ogni progresso parte dal livello individuale. Il benessere si sviluppa all’interno di ciascuno di noi. Ogni rivoluzione, grande o piccola che sia, comincia sempre dall’individuo sia che si tratti di un manager, così come di un dipendente o collaboratore. Il piacere dell’aiuto reciproco, l’empatia e l’altruismo sono come un virus – per fortuna – altamente contagioso. Essere onesti con sé stessi, essere onesti con gli altri è il primo gradino verso la trasformazione positiva. Mantenere alto il senso dell’onore – stessa radice etimologica di onestà – è il più importante passo verso la scoperta della nostra nobiltà interiore, prima vera premessa al benessere e alla felicità sul lavoro. Lo potremmo definire il piacere dell’onestà.
Nuotare nel flow
Albert Schweitzer sosteneva che non è tanto il successo la chiave della felicità, quanto la felicità stessa a essere la chiave del successo. In parole semplici, bisogna cominciare dalla felicità, dalla nostra felicità. Noi non siamo il risultato, siamo innanzitutto la nostra felicità. Per stare bene al lavoro bisogna risentire fino alla più nascosta fibra del nostro organismo quello stato di flusso, il cosiddetto flow, ovvero quella condizione psicologica ottimale che consiste nella sensazione di sentirci nella nostra pelle, di essere al posto giusto, al momento giusto, per fare la cosa giusta (Csíkszentmihályi, 1990). Essere sul pezzo.
Benché questa condizione possiamo identificarla in molte attività quotidiane, si manifesta al massimo durante il lavoro, quando siamo intensamente concentrati sul nostro compito. In una sorta di distorsione spaziotemporale, il compito stesso diventa ricompensa, che ci rende un feedback immediato del nostro lavoro. Quando un’attività ci soddisfa pienamente possiamo già considerarci molto fortunati e il successo sarà più facile da raggiungere.
Il nostro successo diventa contagioso. Sentirsi bene al lavoro offre risultati concreti, con un benefico impatto sulla produttività e sulla qualità del lavoro svolto, permettendoci inoltre di accrescere in modo esponenziale le nostre sensazioni di benessere. Quando siamo immersi nella corrente del flusso non resta più spazio per noia e apatia e nemmeno per ansia e inquietudini provocate da nuovi incarichi. Siamo semplicemente immersi in uno stato di felicità, a metà strada fra eccitazione e rilassamento, sempre pronti a nuove sfide.
Sviluppare il flow è possibile. Bisogna innanzitutto avere la certezza che ciò che stiamo per affrontare costituisca un challenge per mettere alla prova la nostra capacità. Inoltre, mentre siamo completamente assorti in un’attività, dobbiamo avere la chiara sensazione che siamo noi a padroneggiare il nostro lavoro e non viceversa. Quando ci troviamo in questa esatta condizione siamo allora nello stato di flow, il nostro ego è stato accantonato. Siamo soddisfatti del nostro fare, invece che del nostro pensare. Il tempo si è fermato.
Molte ricerche evidenziano che persone allegre, ottimiste, aperte e sorridenti vengono maggiormente apprezzate e, a parità di competenze, giudicate più efficaci. Un’attitudine positiva è quindi alla base anche del successo individuale. Questa positive attitude può senz’altro trasmissibile a chi ci sta intorno, senza tuttavia essere imposta ma deve piuttosto imporsi da sola in modo lento e graduale (per un approfondimento, Ottimo presente. Otto lezioni di psicologia positiva per cambiare in meglio la nostra vita fa il punto sulle correnti e ricerche più recenti nel settore della psicologia positiva, da cui emergono idee e pratiche mirate al cambiamento positivo della nostra vita).
Il buonumore si diffonde in modo contagioso. Forse sarebbe meglio sorridere il più spesso possibile, magari scambiare qualche parola con i colleghi piuttosto che consultare compulsivamente il proprio smartphone. L’ottimismo dovrebbe sempre accompagnarsi con l’entusiasmo, altrimenti si tratta di semplice affettazione, una sorta di pensiero scaramantico non sempre efficace sul piano concreto.
L’ottimismo vero è un sentimento assimilabile a una forza che ci invade, grazie alla quale non vi è ostacolo che non possa essere abbattuto, meta che non possa essere raggiunta. Non esiste, del resto, collettività che non possa esserne travolta e coinvolta. Questo stato d’animo energetico può essere senz’altro coltivato e sviluppato, stimolando tutte le nostre forze interne in direzione di benessere e soddisfazione.
Un’altra forza chiave è quella della curiosità. Cos’è che di solito attira la nostra attenzione? Se siamo attirati dalla novità, allora siamo sulla strada giusta. Nuovo non significa necessariamente meglio, ma senza la nostra curiosità non ci è dato di saperlo. Del resto, tutte le grandi invenzioni e i grandi cambiamenti dell’umanità sono spesso nati dalla curiosità e non soltanto dalle conoscenze.
Infine, la grande forza chiave con cui tutte le filosofie, tutte le religioni e perfino ciascuno di noi ha dovuto fare i conti è l’amore. Amor ch’a nullo amato amar perdona, amor che move ‘l sole e le altre stelle. Omnia vincit amor. Sia. Per restare però su un piano più concreto, come impiegare questa forza nel corso delle nostre attività lavorative? Voler bene a tutti i colleghi? A chi, in particolare? Perché? Come si fa per tessere un network di conoscenze non solo per utilità, ma perché ci aiutino a vivere al meglio ogni giornata di lavoro? Possiamo sempre allenarci a riconoscere questa forza non solo in noi stessi ma anche negli altri. E non c’è nulla di più contagioso della forza-amore, sia al lavoro che nella vita personale. Provare per credere.
Riferimenti bibliografici
Ardiccioni R. (2020), Ottimo presente, Giovanni Fioriti Editore, Roma.
Csíkszentmihályi M. (1990), Flow: The Psychology of Optimal Experience, Harper & Row, New York.
De Bono E. (1970), Lateral Thinking: Creativity Step by Step, Harper & Row, New York (trad. it.: Il pensiero laterale, Rizzoli, Milano, 1981).
Greenleaf R. (1977), Servant Leadership, Paulist, Mahwah.
Lecomte J. (2016), Introduction à la psychologie positive, Dunod, Paris.
Seligman, M. E. P. & Csíkszenmihályi, M. (2000). “Positive psychology: An introduction”. American Psychologist, 55, 5-14.
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