Il coronavirus ha messo alla prova il sistema sanitario globale, costringendo medici, infermieri e staff ospedaliero a sfide senza precedenti. Come ogni battaglia, però, anche quella alla pandemia ha lasciato cicatrici. Molti degli operatori sanitari che hanno lottato in prima persona durante la crisi hanno inevitabilmente sofferto ripercussioni psicologiche. Proprio questo è il fulcro dello studio di Andrew T. Gloster, Marianna Zacharia e Maria Karekla, presente nell’ultimo numero di Clinical Neuropsychiatry, rivista scientifica open access pubblicata da Fioriti Editore. Infatti, sebbene la pandemia abbia colpito il mondo intero, gli operatori sanitari sono stati tra i più afflitti e coinvolti. Mentre la maggior parte di noi si chiudeva in casa per paura del virus, loro lo hanno affrontato mettendosi in prima linea per aiutare i malati.
L’obiettivo dell’articolo è fornire assistenza psicologica agli operatori sanitari, a partire da suggerimenti applicabili da sé, come dormire e riposare con regolarità, fare attività fisica e mangiare in maniera sana. Dettami fondamentali per rimanere sani e ridurre lo stress. Qualcosa che probabilmente loro per primi ricordano ai pazienti, ma che forse faticano ad applicare in prima persona a causa delle condizioni a cui sono sottoposti. Coloro che lavorano in ambiente sanitario dovrebbero inoltre evitare di reprimere le loro emozioni. A causa dei ritmi richiesti dal lavoro, infermieri e medici potrebbero decidere inconsciamente di seppellire sentimenti normali e umani come paura, frustrazione, colpa e rabbia. Questa, tuttavia, non è una strategia valida a lungo termine. Sarebbe più utile, invece, riconoscere queste emozioni in modo da poterle accettare, condividere e quindi affrontare.
Trattare se stessi come i pazienti: quello che gli medici e infermieri dovrebbero ricordare
Gli operatori sanitari scelgono la loro professione spinti soprattutto da una vocazione per aiutare gli altri, talvolta dimenticando di prendersi cura di se stessi. Oltre alle attività per curare il proprio corpo, medici e infermieri dovrebbero ricordare di curare la propria psiche. La condivisione delle emozioni e delle esperienze, infatti, è uno dei passi fondamentali ricordati da Gloster, Zacharia e Karekla. Offrire incoraggiamento reciproco e rimanere connessi con i propri cari, anche attraverso mezzi digitali, utili durante la quarantena attuata per contrastare il coronavirus, può essere utile per fronteggiare i sentimenti negativi.
La ricerca dimostra inoltre che l’autocompassione è uno strumento indispensabile per aumentare il proprio benessere. La chiave è quindi curare se stessi come se si trattasse di un paziente. Prendersi un momento per respirare, fare stretching, prendersi una piccola pausa dal lavoro, una boccata d’aria fresca, sono atti di gentilezza nei propri confronti che gli operatori sanitari non dovrebbero dimenticare, neanche in periodi di crisi come accaduto con il coronavirus.
Potete leggere l’articolo completo di Gloster, Zacharia e Karekla su Clinical Neuropsychiatry.
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