Stephen Porges, ideatore della Teoria Polivagale, ha parlato degli effetti del distanziamento sociale, contromisura per contrastare i contagi da coronavirus. In un’intervista pubblicata da Relational Implicit & Somatic Psychotherapy, lo studioso ha parlato di come reagire all’isolamento sociale adottato recentemente a livello globale. Questo, sostiene Porges, può essere complicato in quanto gli esseri umani sono programmati per connettersi l’un l’altro, per vivere in società. Fortunatamente, ci sono dei mezzi forniti dalla tecnologia che ci permettono di ovviare, almeno temporaneamente, alle inevitabili lacune.
Di seguito il video e la relativa traduzione.
GIORNALISTA: “Sono momenti molto difficili…”
PORGES: “Senza dubbio, dobbiamo evitare di contagiarci a vicenda perché il COVID-19 è ad alta contagiosità. Il dilemma è capire come bisogna comportarsi in questa situazione. L’isolamento sociale crea dei paradossi all’interno del nostro sistema nervoso e nel nostro bisogno di interagire con altre persone. Abbiamo bisogno di relazionarci con gli altri, ma ci hanno detto che non è la cosa giusta da fare. Ci sono delle priorità, una di queste è di non essere contagiati. Ma ci sono anche delle priorità che provengono dal nostro sistema nervoso…”
Giornalista: “È una situazione in cui non possiamo fidarci dei nostri istinti? Una situazione in cui è richiesto l’isolamento sociale?”
PORGES: “Questo è un modo molto conciso per descrivere il paradosso. Sebbene abbiamo bisogno del distanziamento sociale, non è quello di cui ha bisogno il nostro sistema nervoso. Dobbiamo essere intelligenti e capire quali sono le priorità. Dobbiamo sopravvivere, ma come possiamo offrire quello di cui ha bisogno il nostro sistema nervoso in questa circostanza? Tramite chiamate o video chat? Anche l’email va bene, ma sentire la voce di qualcuno o vederne il viso ha un impatto maggiore sul nostro sistema nervoso. Il mondo si è ribaltato in una settimana. Mi trovavo a New York qualche giorno fa e tutti stavano gomito a gomito. Ero impegnato in una conferenza, c’erano tantissime persone. Ci abbracciavamo e ci davamo la mano. Ma poi tutto è cambiato. Non è stata la paura del virus (…), dovevamo capire come connetterci l’uno con l’altro e far capire che ci supportavamo. Ho fatto una serie di video chiamate con un mio caro amico ed è stato bello dirsi “sono qui, tu come stai? Cosa posso fare per te?”
GIORNALISTA: “Certo. Quindi non dobbiamo sopprimere l’impulso a connetterci, ma alimentarlo attraverso le chiamate e le video chiamate…?
PORGES: “Come essere umani abbiamo il bisogno di sentirci al sicuro con le persone che amiamo e di cui ci fidiamo. Se non alimentiamo il bisogno di vicinanza sociale passeremo a uno stato di emarginazione: l’essere troppo isolati è malsano per il nostro sistema nervoso. Il nostro corpo reagirà e questo è un altro problema, perché in questo modo aumenterà il nostro essere paranoici. Usiamo tutti gli strumenti a nostra disposizione per connetterci l’uno con l’altro…”
GIORNALISTA: “Per esempio…?
PORGES: “Video chiamate per sentire la loro voce. Non è la stessa cosa che stare in una stanza con l’altra persona, ma è meglio di niente”
GIORNALISTA: “Quando comunichiamo in questo modo significa che questa connessione non riguarda più solo i contenuti, ma solo il nostro bisogno di stare insieme?”
PORGES: “Assolutamente. Non si tratta più di ‘parole’, di sentirsi e comunicare l’uno con l’altro. Quando sentiamo la presenza dell’altro diventiamo più generosi, più sensibili, mentre quando ci isoliamo il nostro corpo si mette sulla difensiva. Dobbiamo essere intelligenti e dare un nuovo significato all’isolamento: è una difesa ma non dobbiamo usarla a nostro discapito. Dobbiamo continuare a sentirci vicini; ad esempio, le video chiamate sono meglio dei messaggi. Il problema con il messaggio e l’email è che non c’è la voce e il nostro sistema nervoso ha imparato a captare l’intonazione, dopo tanto tempo siamo riusciti a creare il linguaggio e le parole. Dobbiamo tornare a un livello di comunicazione quasi primitivo, usare l’intonazione della nostra voce. Abbiamo il telefono e le video chiamate”.
GIORNALISTA: “Quindi dobbiamo andare oltre il semplice atto di video chiamarsi: dobbiamo capire che non ci passiamo solo dei contenuti, ma delle informazioni su come mi sento, sulla mia energia. Se sono triste o in punizione…”.
PORGES: “Si tratta di ‘coregolamentazione’. Non è più un cercare di capire quello che l’io sente, ma quello che l’altra persona con cui si parla sente”.
GIORNALISTA: “Si tratta al tempo stesso di sentire se stessi ma anche sentire l’altra persona. Monitorando me stesso, monitorando l’altra persona. Rendersi conto che è questa la ‘connessione’ che stiamo avendo in questo momento”.
PORGES: “Ottimo riassunto”.
GIORNALISTA: “Grazie Steve”.
PORGES: “È stato bello connettersi con te, grazie”.
Traduzione italiana di Costanza Fioriti
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