Ogni persona dovrebbe essere uguale all’altra, a dispetto di etnia, orientamento sessuale e condizione fisica o mentale. Tuttavia, anche in paesi all’avanguardia come la Danimarca, non sempre questa condizione è rispettata. Il noto studioso Peter C. Gotzsche si è chiesto se la legge e i diritti dei pazienti siano rispettati quando questi ultimi vengono sottoposti forzatamente a terapie per la loro salute mentale.
In uno studio apparso su Clinical Neuropsychiatry (2019, 16, (5-6), 229-233), lo scienziato danese ha osservato trenta casi trattati nel 2017. Di questi, neanche uno è risultato essere stato trattato nel miglior interesse del paziente. Inoltre, sebbene la legge danese affermi che il trattamento forzato dovrebbe avvenire attraverso l’utilizzo di farmaci che comportino i minori effetti collaterali, tale condizione è risultata violata addirittura in 29 casi su 30 (quindi il 97% delle volte).
Una commissione predisposta, composta da un giudice, due psichiatri e due membri di organizzazioni a favore di persone con handicap, ha vagliato sette casi. Tuttavia, le risultanti ammonizioni nei confronti dei medici sono state minori e formali. La commissione ha infatti ribadito come la coercizione del trattamento fosse necessaria considerato l’instabilità mentale del paziente. Gotzsche ritiene che tale prospettiva sia priva di qualsiasi fondamento scientifico, eppure il suo paese natio la applica regolarmente.
Gotzsche punta i riflettori sui diritti umani violati
Lo studioso danese, infatti, ritiene che tale commissione abbia una funzione meramente cosmetica, più preoccupata a convalidare la volontà degli psichiatri piuttosto che porsi dalla parte dei pazienti, i quali vedono invece troppo spesso i loro diritti calpestati.
I pazienti danesi non avrebbero la possibilità di evitare il trattamento quando non lo desiderano. Sono consapevoli che la loro volontà è destinata a non essere considerata poiché ufficialmente etichettati come “matti” e quindi incapaci ci intendere e di volere.
Spesso, secondo Gotzsche, si ritrovano così ad assumere “volontariamente” i farmaci sapendo perfettamente di non avere altra scelta.
La terapia forzata, conclude lo studioso, dovrebbe essere abbandonata, come peraltro sancito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. La speranza di Gotzsche è di far luce su quella che considera una assoluta violazione dei diritti dell’uomo, e che il segnale d’allarme lanciato possa riaccendere la discussione sul tema. In modo che si anteponga il bene dei pazienti alle prassi psichiatriche.