di Carlo Alfredo Clerici,
ricercatore presso Dipartimento di Oncologia ed Emato-Oncologia dell’Università degli Studi di Milano
e di Tullio Proserpio, Cappellano Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano
A distanza ormai di varie settimane dall’inizio delle misure di distanziamento sociale, mentre ancora non si ha certezza sul termine dell’emergenza causata dalla diffusione del Covid-19, proseguono nella comunità scientifica e nella società gli interrogativi sugli scenari futuri della medicina e la vita delle persone.
Anche se le epidemie non sono un fatto nuovo nella storia umana, lo svolgimento di quella attuale è accompagnata, grazie alle nuove tecnologie, dal rapido dilagare delle notizie con l’aggiornamento in tempo reale del numero di contagi e di decesso, ma anche dalla sperimentazione di un nuovo senso di collettività.
Fin dall’inizio dell’epidemia sono emersi con prepotenza elementi paradossali. Ciò che prima era considerato coraggio e virtù, come il lavorare indipendentemente dalle proprie condizioni di salute, è presto divenuto disvalore e vissuto come un rischio da evitare. La vita è sempre più ridotta a spazi confinati che hanno portato alla ribalta il ruolo essenziale ma anche la fragilità della famiglia. Vari psichiatri segnalano un incremento del disagio mentale e la convivenza è fonte di fatiche, mai però dolorose quanto la solitudine di chi si trova da solo, per scelta o sorte, ad attendere tra quattro mura, senza gli il conforto delle usuali distrazioni.
L’adattamento alla situazione di epidemia oscilla tra idealizzazioni e il dilagare di distorsioni e proiezioni. Da un lato si chiede salute, sicurezza e salvezza alla tecnologia, dall’altro proliferano le accuse verso vere e presunte manchevolezze delle piccole e delle grandi autorità per ritardi, o risposte inadeguate. Guardando più in profondità è possibile intravedere nella trama di queste contestazioni gli stessi meccanismi antichi che attribuivano sempre a qualcuno altro le colpe dei morbi (la sifilide era a seconda dei paesi “mal francese” o “mal napolitain”…) perché accusare è più facile e più tollerabile rispetto al deprimersi.
Ma attraversando la cortina di voci e polemiche che accompagnano la malattia è possibile scorgere aspetti più sostanziali. Le relazioni (che difficilmente possono essere valutate seguendo la sola logica economica) sono, come sempre, l’aspetto più importante anche se comportano il rischio di contagi emotivi e sono oggi messe in pericolo dovunque. Gli ammalati gravi di Covid-19 sono assistiti da soli senza la presenza dei familiari così come gli operatori “a rischio” sono costretti a tenere le distanze dai loro congiunti.
La società mette in compenso in movimento nuove forze di relazione e aggregazione, virtuale, con singolare creatività e rapidità. Mentre il telelavoro si diffonde, sui social proliferano aperitivi online e sedute di ginnastica in diretta. Si generano iniziative solidaristiche spontanee come i molti giovani che fanno la spesa per gli anziani. Nei condomini fioriscono nuove forme di solidarietà e dialogo. Alla radice però della possibilità di tollerare questa situazione di emergenza vi è sempre l’interiorità e il significato che ogni persona riesce ad attribuire alla vita e al vivere, qui e ora, in una dimensione non soltanto psicologica ma esistenziale.
Mentre i riti religiosi sono stati sospesi, matrimoni e funerali compresi, le cerimonie di papa Francesco, diffuse in televisione, hanno registrato record di ascolti. Le immagini dei camion militari che trasportano lontano le bare in Italia e quelle delle fosse comuni negli Stati Uniti suscitano sgomento per un’immagine della morte non mitigata dagli affetti e dai rituali sociali del lutto.
Questa situazione sollecita a ripensare, tra l’altro, anche alle prassi della spiritualità nelle cure mediche. Mentre le spiegazioni biologiche offrono la base razionale per comprendere la dinamica fisiopatologica delle malattie, esiste però un livello psicologico e spirituale non meno importante per l’elaborazione individuale degli eventi della vita. Nel corso degli ultimi anni si è sviluppata una rinnovata considerazione scientifica verso il ruolo della spiritualità nell’ambito delle cure mediche. Molte ricerche mostrano come religione e spiritualità siano tra le risorse più importanti riferite dalle persone che affrontano malattie gravi.
Dal punto di vista organizzativo l’assistenza spirituale è stata gradualmente riconsiderata come importane risorsa di supporto in ambiti quali le cure oncologiche e quelle palliative. Varie organizzazioni sanitarie, come la Joint Commission hanno evidenziato la necessità di considerare gli aspetti spirituali all’interno delle cure mediche ospedaliere lungo l’intero percorso di malattia. Si è sviluppato un filone di ricerca che mostra come l’assistenza spirituale sia associata a una migliore qualità generale della vita, al benessere psicosociale e spirituale.
Così come in epoca di pandemia da Covid-19 gran parte dell’umanità sperimenta, in modo sincrono, l’esperienza esistenziale del contatto con la precarietà e la finitezza della propria esistenza, così in generale numerose persone affrontano, durante una malattia organica grave, una crisi di natura spirituale. Fa emergere inoltre che non tutto può essere compreso nella sola sfera psicologica e razionale.
Da anni la letteratura internazionale mostra come gli aspetti spirituali dei pazienti siano generalmente sottovalutati nella pratica clinica con il rilievo che un’ampia percentuale di pazienti desidererebbe esporre le proprie preoccupazioni religiose o spirituali con i curanti ma solo raramente trovi la possibilità di farlo. Spiritualità e religione un tempo erano prospettive coincidenti, tanto che cercare di distinguerle sembrava inutile, prima ancora che impossibile. Oggi la situazione è cambiata. La religione è oggi definibile come “un sistema organizzato di credenze, pratiche, rituali e simboli strutturato per facilitare la vicinanza al sacro o trascendente (Dio, potere superiore o verità / realtà ultima) e favorire la comprensione della propria relazione e responsabilità verso gli altri che vivono insieme in una comunità”.
La spiritualità è invece definibile come una parte complessa e multidimensionale dell’esperienza umana. Ha aspetti cognitivi, esperienziali e comportamentali. Gli aspetti cognitivi o filosofici includono la ricerca di significato, scopo e verità nella vita e le credenze e i valori in base ai quali un individuo vive.
In ambito internazionale, in particolare in quello statunitense, sono in corso vari sforzi per lo sviluppo della ricerca e della formazione sull’assistenza spirituale che comprendono anche la formazione dei cappellani e l’incoraggiamento della loro partecipazione ad attività scientifiche.
In Italia, dove la tutela della salute è un diritto costituzionale, è altrettanto avvertita l’esigenza di un’evoluzione dell’assistenza spirituale ospedaliera per rispondere alle esigenze di una collettività sempre più multireligiosa e multiculturale.
Alcune realtà sono al lavoro e si auspica che il dialogo tra cura e spiritualità possa evolversi in modo fecondo.
Note
Tra i vari contributi su questo tema si segnala la recente pubblicazione dell’articolo:
Proserpio T, Veneroni L, Albasi C, Clerici CA. Integrazione tra lavoro psicologico e cura pastorale in ospedale. Dimensioni e necessità della presa in carico del paziente come persona. Psichiatria e psicoterapia (2019) 38,4, 250-262.
Gli autori sono redattori del sito www.curaspirituale.it dedicato a ricerca, dialogo e formazione sulla spiritualità nelle cure mediche.
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