“Sia nel grembo materno che dopo la nascita, i bambini sono costantemente immersi nel suono del linguaggio umano. Questo ci conduce verso una questione critica: poiché il neonato non può comprendere il significato dei discorsi, l’ubiquità di questo parlare verso e intorno al feto o al neonato ha un qualche valore per lo sviluppo del senso del sé?”.
La precedente è una delle domande a cui “Il Sé prende vita. Sviluppo, lavoro clinico e la mente errante” tenta di rispondere. L’intreccio di clinica, sviluppo ed evoluzione personale è la base del libro pubblicato da Fioriti Editore. Questo esamina due modi di far esperienza, per concettualizzare come un senso di sé possa svilupparsi sia durante l’infanzia sia lungo tutto il corso della vita. Gli autori, con sensibilità umana e clinica, nella stesura del libro non dimenticano mai gli scopi clinici della ricerca, orientata a definire una prassi terapeutica orientata all’incontro con l’altro sofferente.
Il sé prende vita… sin dalla prima infanzia
Nel corso del testo, gli autori di “Il sé prende vita” affermano che sin dalla prima infanzia i bambini cominciano ad assimilare e interpretare le esperienze: “Ogni qual volta predomina l’avversività, i bambini entro il primo anno di vita si formano due tipi di rappresentazioni. Quando i segnali di angoscia del neonato (il pianto, l faccia impaurita, il disgusto, l’irritabilità, l’espressione del viso corrucciata o un viso che esprime tristezza/vergogna, così come un corpo che si rilascia, si tira indietro o spinge via) ricevono una risposta tempestiva, l’immagine che il bambino si costruisce di sé con il caregiver, attraverso questa risposta sintonizzata, avrà a che fare con questo specifico cambiamento di stato: dall’angoscia al sollievo e più in generale all’affetto positivo”.
“Questo specifico passaggio fornisce un substrato immaginativo di significati metaforici anche per le numerose esperienze relazionali successive di rottura-riparazione. All’opposto, quando questo stato di disagio persiste, i bambini costruiscono e mantengono immagini di esperienze legate al fallimento dell’agency, che si accompagna a un senso generale d’impotenza. In queste circostanze, si può notare l’ombra del panico e della rabbia, le intenzioni e gli obiettivi si disorganizzano e da qui possono derivare ritiro e apatia”.
Gli autori
Gli autori del libro, Lichtenberg, Lachmann e Fosshage, sono figure di rilievo nel campo scientifico. Joseph D. Lichtenberg, è Redattore capo della rivista Psychoanalytic Inquiry, Direttore Emerito del Institute of Contemporary Psychotherapy and Psychoanalysis, past President dell’International Council for Psychoanalytic Self Psychology, e membro del Program Committee of the American Psychoanalytic Association. Frank M. Lachmann, è membro fondatore e faculty member dell’Institute for the Psychoanalytic Study of Subjectivity, Membro Onorario del Vienna Circle for Self Psychology, del William A. White Institute, e dell’American Psychoanalytic Association e Clinical Assistant Professor al New York University Postdoctoral Program in Psychotherapy and Psychoanalysis. Infine, James L. Fosshage, è Presidente Fondatore dell’International Association for Psychoanalytic Self Psychology (IAPSP); Co-fondatore, Direttore del Board del National Institute for the Psychotherapies; Membro Fondatore dell’Institute for the Psychoanalytic Study of Subjectivity; Clinical Professor di Psicologia presso il New York University Postdoctoral Program in Psychotherapy and Psychoanalysis.
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