Media, esperti e politici sembrano viaggiare a senso unico, affrontando in modo troppo semplicistico un argomento che è invece molto complesso, visto il tipo e la quantità di fattori in gioco: medici, sanitari, economici, ecologici, sociali, culturali e politici. Le argomentazioni devono essere, ove possibile, basate su fatti e prove, non sulle sole opinioni, anche se è noto che a volte le prove non ci sono e, in qualche caso, non possono nemmeno esserci.
Questo documento è rivolto:
A coloro che prendono o influenzano decisioni di salute pubblica e che stabiliscono le politiche da mettere in atto. Per ottenere buoni risultati, non è sufficiente avere buoni vaccini; ci vogliono buone strategie di vaccinazione (oltre che, più in generale, di prevenzione e cura), basate su obiettivi e piani realistici. Invece alcuni esperti, anche del Consiglio Superiore di Sanità (CSS) nazionale, hanno parlato di eradicare il virus. Per l’epidemiologia del Sars-Cov-2, però, l’eradicazione non è immaginabile (si veda Nota 1). È realistico puntare al controllo della malattia, e per questo ci sono strategie alternative da valutare in termini di rapporto tra costi e benefici a breve, medio e lungo termine, come mostra anche l’attuale discussione se procedere lentamente con lo schema a due dosi o rapidamente con lo schema a una dose, ritardando di mesi la somministrazione della seconda. Il Centro Europeo per il Controllo delle Malattie (ECDC) ha proposto per l’Unione Europea diverse strategie vaccinali di prioritarizzazione a seconda degli obiettivi; la vaccinazione degli adulti (18-59 anni) che non siano ad alto rischio non è la strategia più efficace ed efficiente quando la fornitura di vaccini è limitata. La combinazione “vaccinazione in certi gruppi, infezione naturale in altri” potrebbe risultare nel tempo una strategia migliore. Posto che gli attuali vaccini riducono parecchio ma non eliminano la trasmissione (e quanto a lungo non è noto), potrebbe essere comunque ragionevole puntare sui gruppi a rischio per ridurre la mortalità e la pressione sul sistema sanitario.
Questo documento è poi rivolto ai curanti delle persone assistite, che a loro volta, per decidere se sottoporsi o meno alla vaccinazione, hanno bisogno di valutare seriamente i pro e i contro. Alcuni, dopo aver considerato le prove, opteranno per il sì; altri potranno optare per il no. In mezzo ci saranno i cosiddetti esitanti. Riteniamo che sarebbe un errore etichettare chi scegliesse di non assumere questi vaccini, e a maggior ragione gli esitanti, come NoVax. Con tutti bisogna dialogare, per favorire opzioni informate; parte degli esitanti, in particolare, si potrebbe coinvolgere in ricerche che potrebbero fornire alcune prove che finora mancano (si veda Nota 2).
Qualunque sia la scelta individuale o di salute pubblica sulle vaccinazioni, ci sono alcuni punti fermi da rendere espliciti prima di considerare le prove disponibili sulle vaccinazioni, che comunque stanno mostrando di ridurre ricoveri e morti attribuiti a Covid-19.
La vaccinazione
- non può comunque essere l’unica strategia di controllo della Covid-19, quella che assorbe tutte le risorse disponibili lasciando al resto solo le briciole. Una strategia più importante, alla quale andrebbero assegnate adeguate risorse distribuite su tempi brevi, medi e lunghi, è la protezione da questa e da altre infezioni con stili di vita salutari, combinata a un modello culturale, economico e sociale non basato sulla crescita economica fine a se stessa ma che punti a sostenibilità, equità e benessere (si veda Nota 3).
- non esime dal mantenere e migliorare altre misure di controllo. Igiene delle dita delle mani, distanziamento fisico, non alzare la voce vicino ad altri, usare mascherine in ambienti chiusi con poco ricambio d’aria e in presenza di non conviventi (e non restarci a lungo), o in contatti prolungati all’aperto, sono tutti comportamenti che riducono la trasmissione del virus (si veda Nota 4). Riduzione della trasmissione di recente quantificata al 90%~ in personale sanitario, a 2 mesi dalla seconda dose dei vaccini Pfizer e Moderna, mentre per Astra Zeneca e Janssen non è noto se sia proporzionale all’efficacia (rispettivamente 76% adulti, 85% anziani e ~66%). È ormai comunque pubblicamente ammessa la possibilità dei vaccinati di infettare, anche con la variante inglese.
- va preceduta dalla raccolta di un consenso informato che illustri con chiarezza i limiti attuali dei dati su efficacia, durata della protezione, contagiosità dei vaccinati, reazioni avverse a breve ed effetti a medio-lungo termine (e riporti i dati da sorveglianza attiva su quelle a breve termine).
- non esime nemmeno dal ricercare terapie efficaci per il trattamento dei casi di Covid-19, al fine di ridurre la letalità. Attualmente i farmaci di provata efficacia sono pochi; andrebbero realizzate ricerche operative di appropriatezza e trial clinici controllati (RCT), dando la precedenza a cure efficaci con rapporti favorevoli tra costi, efficacia e tollerabilità (si veda Nota 5).
- La Nota 6 riassume le maggiori strategie che pensiamo debbano essere compresenti.
Inoltre, riteniamo che, allo stato delle conoscenze, la vaccinazione anti Covid-19 non debba essere un obbligo, neppure per i sanitari, ma una scelta informata, da basare su prove scientifiche in continuo aggiornamento, nel rispetto di diversi valori in gioco. Etica e trasparenza richiedono di desecretare i contratti d’acquisto, anche sulle clausole per eventuali responsabilità. La coercizione va comunque evitata non solo per rispetto dei diritti umani, tutelati dal Consiglio d’Europa, qui ma anche per una strategia più lungimirante, che tenga conto dell’impatto a lungo termine delle politiche adottate (Nota 3) e affronti un dibattito democratico sul tipo di sanità (e di società e di vita) che il paese vuole per il proprio futuro. Non si possono comunque in alcun modo accettare tentativi di discriminazione e compressione di diritti individuali. Quanto al “diritto di un cittadino/paziente che frequenta i servizi sanitari a non farsi infettare da un operatore”.
Infine, sottolineiamo di fare riferimento al metodo scientifico e alla medicina basata sulle prove, non intendiamo essere strumentalizzati da posizioni antivacciniste, ma nemmeno rinunciare a discutere nel merito di specifici vaccini e strategie vaccinali, come si considera normale poter fare con qualsiasi altro farmaco.
Sottoponiamo pertanto le nostre conoscenze e valutazioni sul tema ai colleghi medici, ai decisori in sanità pubblica e a giornalisti scientifici, aperti a ricevere contributi correttivi o integrazioni del documento basate sulle prove più valide. Chiediamo di poterne discutere in opportuni contesti scientifici e istituzionali, perché quando “i fatti sono incerti, i valori in conflitto, le poste in gioco alte e le decisioni urgenti” siamo nelle condizioni della “Scienza post-normale”, che deve aprirsi alla discussione pubblica.
Poter discutere, documentando con le prove, posizioni date per scontate non è atteggiamento antiscientifico, e andrebbe assicurato un ambiente non dogmatico, favorevole a un dibattito scientifico libero, trasparente ed esente da conflitti d’interessi.
Nota 1
Quanti virus si sono finora eradicati con vaccinazioni universali? Solo quello del vaiolo, e tra l’altro con una combinazione di vaccinazione universale seguita da vaccinazioni mirate ai possibili contatti degli individui ammalati, facilmente identificabili per le caratteristiche cliniche del vaiolo. Identificazione impossibile per il Sars-Cov-2, vista l’alta percentuale di infezioni asintomatiche e di malattia con sintomi non specifici. Morbillo e poliomielite hanno sintomi specifici; eppure, nemmeno questi due virus sono stati eradicati, nonostante siano oggetto di programmi globali di eradicazione che vanno avanti da decenni, la vaccinazione sia già diffusa a gran parte della popolazione mondiale, non ci siano problemi di produzione di vaccino, l’unico ospite sia l’uomo.
Anzi, il morbillo sta aumentando a livelli preoccupanti, con oltre 200.000 morti nel 2019 e probabilmente di più nel 2020, visti i rallentamenti nei programmi di vaccinazioni causati dalla Covid-19. Come potremmo pensare di eradicare il Sars-CoV-2, dopo essere partiti da pochi mesi con vaccinazioni, solo in paesi ad alto reddito, con miliardi di persone al mondo senza prospettive di vaccinazione nei prossimi anni e da cui non sarebbe realistico potersi isolare, con serbatoi anche animali (pipistrelli, pangolini, zibetti, visoni… per non parlare di allevamenti intensivi/dell’uso di gabbie, e persino di cani e gatti!)
Nota 2
Per avere serie valutazioni comparative e tracciare un bilancio in termini di salute di queste (e altre) vaccinazioni, si dovrebbero effettuare ampi RCT pragmatici, con criteri di esclusione minimi, lungo follow-up e tempi di osservazione ancora più lunghi. La posizione internazionale oggi dominante rifiuterebbe tali RCT per motivi etici, poiché i soggetti di controllo, riceventi un placebo o nulla, sarebbero privati dei benefici del vaccino. Per superare tali problemi si potrebbe mettere a frutto il diffuso fenomeno dell’esitazione vaccinale. Infatti, dopo aver ricevuto informazioni complete e bilanciate basate sullo stato delle conoscenze, una percentuale non trascurabile di persone resta non in grado di decidere se vaccinarsi o no. Questi soggetti, che rimangono persistentemente esitanti, non andrebbero considerati una minaccia, ma una risorsa preziosa per la ricerca scientifica. Si potrebbe offrire loro un’opportunità volontaria: partecipare a RCT ben strutturati, contribuendo così a un reale progresso delle conoscenze. Tali RCT dovrebbero avere tre bracci randomizzati: uno al vaccino in studio, uno di controllo con iniezioni placebo e un altro di controllo senza alcun intervento iniettivo. Questo terzo braccio è importante per i motivi già spiegati nel commento ai punti 8/9/10. Probabilmente, i gruppi randomizzati a non ricevere un vaccino contrarranno più infezioni da Sars-CoV-2 e/o più Covid-19, ma, avendo aderito a un RCT in cieco per scelta libera e informata, hanno accettato tale rischio in modo consapevole. I partecipanti dovrebbero comunque osservare le precauzioni generali previste per limitare la diffusione del Sars-CoV-2, analoghe in particolare a quelle che fossero richieste a chi non si vaccina. In quanto RCT, studi come questi non presenterebbero i seri problemi di selezione che compromettono la validità delle conclusioni nei risultati degli studi osservazionali.
Questi RCT dovrebbero trovare sponsor pubblici, perché è improbabile che sponsor privati siano interessati a ricerche che potrebbero mettere a rischio parte del loro business. Senza supporto istituzionale, simili RCT non sarebbero realizzabili. Per essere credibili, il loro disegno dovrebbe essere concepito da ricercatori indipendenti da interessi commerciali e le differenti scuole di pensiero dovrebbero essere rappresentate in modo bilanciato tra loro. Anche la loro gestione dovrebbe essere assegnata a organismi scientifici indipendenti da qualsiasi conflitto di interessi e da relazioni finanziarie con il vasto mercato dei vaccini.
Infine, chi per età e stato di salute non si ritenga ad alto rischio di conseguenze gravi (per sé o per conviventi fragili), può voler affrontare il rischio di un’infezione, asintomatica o con malattia. In questo modo può anche sperare di evitare rivaccinazioni ripetute negli anni, con disagi, reazioni avverse connesse a ogni iniezione, e possibili eventi avversi seri a lungo termine, su cui solo un monitoraggio comparativo esteso nel tempo può fare chiarezza. Potrebbe anche decidere di mettere la propria scelta al servizio della scienza e della comunità, partecipando a una ricerca di coorte controllata, in cui il gruppo di controllo sarebbe costituito da vaccinati appaiati al meglio delle possibilità statistiche, per valutare negli anni l’evoluzione dello stato di salute complessivo (oltre che in relazione alla Covid-19) e del consumo di servizi sanitari. Una ricerca di questo genere consentirebbe di raccogliere informazioni utili per l’umanità. I partecipanti del gruppo che sceglie di non vaccinarsi dovrebbero accettare di raccogliere, far validare e mettere a disposizione i propri dati sanitari nel corso degli anni. Un possibile vasto gruppo di controllo idoneo è già stato individuato.
Un’altra ipotesi di minima, certo con risultati di validità minore, potrebbe consistere in un progetto dimostrativo senza gruppo di controllo ad hoc.
Nota 3
Gli stili di vita salutari riducono le malattie croniche (sottese anche a Covid-19 gravi) e rafforzano lo stato di salute e le connesse difese immunitarie, mentre un modello culturale, economico e sociale non basato sulla crescita economica fine a se stessa ma che punti a sostenibilità, equità e benessere qui, qui, qui promuove la sostenibilità ambientale ed ecologica. Si segnala che i pazienti italiani deceduti fino al 30-3-21 positivi a Sars-CoV-2 (età mediana 83 anni: 86 per le donne, 80 per i maschi) avevano un numero medio di 3,6 patologie (in ordine decrescente di frequenza ipertensione, diabete di tipo 2, cardiopatia ischemica, fibrillazione atriale, demenza, insufficienza renale cronica, BPCO, cancro attivo, scompenso cardiaco… tutte condizioni in ampia misura prevenibili con miglioramento degli stili di vita e delle condizioni ambientali. Si aggiunga che ad es. un ampio studio retrospettivo ha mostrato che nei 2 anni precedenti una Covid-19 l’inattività fisica, vs il raggiungimento della soglia settimanale raccomandata, si associa a rischio doppio di ricovero e ingresso in terapia intensiva, e più che doppio di morte, con peso comparativo maggiore di ogni altro fattore di rischio o patologia).
Solo il 3% dei deceduti non aveva patologie croniche, mentre oltre i due terzi ne avevano 3 o più (media generale nei deceduti: 3,8 patologie croniche nelle donne, 3,5 nei maschi).
Anche i vaccini sono indubbiamente importanti per parte della popolazione, ma inseguire le varianti di questo virus e nuove epidemie con vaccini sempre nuovi potrebbe non essere la strategia più efficace ed efficiente, come non sembra realistico puntare su una vaccinazione e continue rivaccinazione universali, per quanto discusso altrove in questo documento.
Nota 4
Le ricerche scientifiche dell’Ing. Buonanno (Dipartimento di Ingegneria Civile e Meccanica, Università di Cassino) hanno indicato una gerarchia di provvedimenti per ridurre i livelli di aerosol potenzialmente infettante in ambienti confinati con permanenza di più persone, portando l’eventuale rischio a livelli accettabili. In una sequenza di importanza decrescente, al primo posto sta una miglior ventilazione (naturale o meccanica), da gestire con misure appropriate; quindi evitare di cantare e di parlare ad alta voce (si è calcolato che parlare a voce alta può aumentare in media di 85 volte le emissioni rispetto a chi ha una respirazione orale a riposo, cantare può produrne fino a 99 volte di più; in aule scolastiche un’importante misura a minimo costo sarebbe dotare almeno il docente di un impianto microfonico); il ragionevole distanziamento è già previsto dalla normativa; infine, le istruzioni alle persone su come comportarsi. Solo in quest’ordine di importanza decrescente seguono i dispositivi di protezione individuali (mascherine), con apporto ulteriore davvero piccolo se si rispettano le altre misure. Evitare di indossare le mascherine a dimora/a lungo senza reali necessità non evita solo il connesso discomfort, ma anche i rischi sanitari di re-inalazione di una quota dal 9% in su di quanto espirato (rispetto all’1% senza mascherina). Purtroppo, in soggetti asintomatici o presintomatici con germi (virus o altri patogeni) in moltiplicazione nelle vie respiratorie, ciò accade 10-15 volte al minuto, e questi autoinoculi contribuiscono inevitabilmente ad aumentare la propria carica microbica, con rischi di aggravamento delle infezioni in atto e di maggior contagiosità.
Nota 5
Tra le cure semplici ed economiche potenzialmente efficaci, che andrebbero valutate con urgenza in appropriati RCT, segnaliamo l’adenosina, l’esperidina, l’ivermectina, (per altro recente oggetto di una rigorosa revisione sistematica di RCT che ne mostra l’efficacia preventiva e curativa ), ASA a dosi antipiastriniche (~80 mg/die), l’N-Acetilcisteina, che per altro aveva già dimostrato in modo convincente l’utilità verso sindromi influenzali. La Rete Sostenibilità e Salute ha anche chiesto di valutare con urgenza con una ricerca randomizzata controllata la contestabile utilità di pratiche quasi generalizzate come la somministrazione di paracetamolo alla comparsa della febbre, con il rischio sia di ostacolare tale potente strumento di difesa evolutiva nei confronti delle infezioni respiratorie, sia di consumare le riserve antiossidanti di glutatione.
Nota 6
Va riconosciuta la legittimità e riacquisita l’agibilità di un dibattito scientifico pubblico, che non faccia perno su un elemento unico come la vaccinazione universale, ma su almeno cinque caposaldi:
1) prevenzione primaria ambientale (no a deforestazioni, a perdita di biodiversità; no ad allevamenti intensivi, a politiche energetiche basate sui combustibili fossili, ecc.);
2) prevenzione primaria individuale evidence-based incentrata su sani stili di vita (attività fisica, no al fumo, alimentazione salutare… https://fondazioneallinearesanitaesalute.org/ 2020/10/provvedimenti-alla-portata-di-chiunque-per-potenziare-la-salute/, in grado di ridurre i rischi specifici di Covid-19 e tutte le patologie croniche associate alla sua maggiore gravità); oltre che su misure di contenimento evidence-based;
3) profilassi vaccinale focalizzata su soggetti a rischio (per età, patologia, alta esposizione professionale), e da mettere invece in discussione per soggetti a basso rischio (salvo per chi, correttamente informato, consapevolmente la scelga), respingendo in ogni caso qualunque obbligo;
4) contrasto a cure sbagliate e iatrogene: mascherine imposte dove non necessario, e soprattutto agli infetti (salvo durante loro indispensabili interazioni con i caregiver), costretti dalla reinalazione ad aumentare a dismisura la propria carica virale; paracetamolo (da evitare sempre) e antinfiammatori (da evitare almeno nelle fasi viremiche); inibitori della pompa protonica; ipocolesterolemizzanti salvo in prevenzione secondaria CV, e comunque con moderazione (il colesterolo LDL si associa a riduzione di gravità e mortalità per malattie infettive e di mortalità totale negli anziani);
5) promozione di cure appropriate, a partire da quelle domiciliari, che si mostrano evidence-based, sicure e sostenibili.
La scelta di vaccinarsi
La scelta di vaccinarsi o meno e le strategie vaccinali adottate sono in grado di condizionare la salute (e l’intero modello economico e sociale) delle generazioni presenti e future. Richiedono perciò un confronto scientifico civile e ampio, senza dogmatiche preclusioni. Quanto segue è una guida per tale confronto. Le ragioni a favore e le criticità, rinforzate dagli approfondimenti a fine tabella per ognuno dei punti della stessa, riflettono prove scientifiche note agli autori e disponibili alla data di aggiornamento di questo documento. Possono di conseguenza cambiare in base all’acquisizione di altre prove, valutate senza pregiudizi ideologici, come si dovrebbe fare per qualsiasi altro farmaco e vaccino.
Le ragioni a favore
Lo sviluppo dei vaccini
L’impegno straordinario di laboratori e ricercatori, con enorme dispiego di risorse, per la maggior parte fornite dai governi, e infrastrutture, ha permesso di realizzare numerosi vaccini in tempi rapidi senza sacrificare la sperimentazione. Si sono tagliati tempi organizzativi e burocratici che solitamente sono lunghissimi.
L’autorizzazione a usare i vaccini
La diffusione e la gravità della richiedono interventi straordinari, anche rinunciando a parte delle procedure abituali che precedono le autorizzazioni definitive di farmaci e vaccini.
Non è possibile attendere la realizzazione di RCT indipendenti, pur importanti e auspicabili, per iniziare un programma di vaccinazione universale.
L’efficacia protettiva dei vaccini
I quattro vaccini attualmente disponibili rendono molto meno probabile ammalarsi di Covid-19. Ad esempio, due dosi del vaccino Pfizer a distanza di 21 giorni possono evitare al 95% degli adulti ≥16 anni di sviluppare una Covid-19. Il vaccino Moderna è accreditato di efficacia simile. Ci sono anche dati che mostrano che i vaccinati che si ammalano non lo fanno in modo rave, e che crollano i ricoveri. Contro la variante UK (B.1.1.7), più diffusiva e letale, i vaccini funzionano abbastanza bene.
Gli effetti dei vaccini
Riducendo il numero di ammalati, e di ammalati gravi, si riduce la pressione sul sistema sanitario, che può dedicare più tempo sia alle cure, per Covid-19 e non, sia al controllo della pandemia. In Inghilterra i risultati della campagna di vaccinazione mostrano la drastica riduzione dei ricoveri e dei morti negli anziani vaccinati, e il governo programma le riaperture di ampi settori economici e sociali. Dopo i drammatici bollettini di gennaio, suscita entusiasmo il resoconto quotidiano dei morti da Covid-19, ridotti a poche unità in Inghilterra.
Effetti dei vaccini sulla trasmissione del virus
I vaccini riducono la trasmissione, ma non la interrompono del tutto. I dati raccolti in Israele dopo la vaccinazione Pfizer mostrano che un’ampia copertura vaccinale realizzata in tempi brevi riduce anche la trasmissione, oltre a tutti gli esiti di interesse (del 72-94%, per una durata non ancora definita).
La durata della protezione
È probabile che la vaccinazione dia una buona immunità umorale e cellulare, anche se inferiore a quella dell’infezione naturale e di durata per ora sconosciuta. La ricerca stabilirà l’eventuale necessità di richiami vaccinali.
Strategie di vaccinazione e varianti del virus
Un documento dell’ECDC fornisce ai paesi della Comunità Europea indicazioni sui fattori che possono influenzare la scelta delle strategie di vaccinazione , in base a diversi gruppi target e sulla base di ipotetici scenari di caratteristiche del vaccino. In ogni caso, le strategie di vaccinazione dovranno essere adattabili nel tempo, tenendo conto degli eventi e delle prove
emergenti. Tra le variabili da tenere in considerazione, la possibilità che la tecnologia permetta di sviluppare rapidamente vaccini che si adattino a eventuali mutazioni del virus.
Le reazioni avverse ai vaccini
I RCT mostrano che la maggior parte delle reazioni avverse ai tre vaccini attualmente disponibili sono lievi e si risolvono nel giro di una settimana. Le reazioni allergiche gravi sono rare e di solito avvengono subito dopo la vaccinazione. Il personale che somministra il vaccino è formato per affrontarle e trattarle immediatamente.
La sorveglianza sulle reazioni avverse
Le reazioni avverse gravi finora riportate dai sistemi di sorveglianza sono poche e possono essere rilevate se si attiva un sistema di sorveglianza attiva.
Altri effetti avversi dei vaccini
Tutti i paesi che stanno attuando campagne vaccinali estese alla popolazione stanno raccogliendo e valutando ogni segnalazione pervenuta al sistema di farmacovigilanza delle reazioni avverse al vaccino, per poter definire con sempre maggior precisione il profilo di rischio legato alle vaccinazioni. A oggi non si sono rilevati altri importanti effetti specifici.
Le criticità
Lo sviluppo dei vaccini
Le autorizzazioni dell’EMA sono condizionate, perché i dati di efficacia e sicurezza disponibili sono insufficienti per autorizzazioni complete. L’attuale campagna vaccinale è in pratica un proseguimento della sperimentazione.
L’autorizzazione a usare i vaccini
I dati dei RCT presentati alle Autorità regolatorie sono forniti dall’industria. Quelli grezzi completi saranno consultabili solo tra molto tempo, nonostante le richieste di ricercatori indipendenti, che hanno anche sollevato critiche metodologiche. Il Comitato di valutazione di cecità ed eventi avversi per il vaccino Pfizer includeva solo dipendenti Pfizer.
Nei RCT la cecità è dubbia.
L’efficacia protettiva dei vaccini
L’efficacia dei vaccini Pfizer e Moderna può essere minore di quanto riportato dai produttori. Il mRNA ha anche problemi di instabilità. Per il vaccino Astra Zeneca l’efficacia media documentata è ~76% in adulti, 52% in ≥65 anni. Per il vaccino Janssen è del 67%. Se i calcoli includessero gli asintomatici, l’efficacia nei RCT sarebbe minore. Varianti già emerse (diverse da quella UK) mostrano di ridurre la risposta anticorpale, anche 20-40 volte e probabilmente efficacia e durata della protezione (ciò è dimostrato per il vaccino Astra Zeneca).
Gli effetti dei vaccini
Vero, ma l’efficacia, e in tendenza la sicurezza, riportate dai RCT sono sistematicamente esagerate dalla presenza di vari conflitti d’interessi. Senza sorveglianza attiva e controlli validi a medio e lungo termine, il bilancio danni/benefici è meno certo.
Effetti dei vaccini sulla trasmissione del virus
L’efficacia sull’infezione è incompleta. Gli asintomatici tra i vaccinati sono meno/molto meno che tra i non vaccinati, ma potrebbero essere più insidiosi nel diffondere il virus per ridotte precauzioni. Lo studio osservazionale israeliano, con autori in conflitto d’interessi, ha follow-up molto breve (efficacia pratica in media a 15 giorni). In Israele sono ancora poco diffuse varianti che danno minori risposte immunitarie al vaccino Pfizer.
La durata della protezione
In base ai dati disponibili, la protezione da infezione naturale, anche asintomatica, sembra pari o superiore e -al momento- più duratura e senza declino a ≥10 mesi, anche in infezioni sintomatiche. Una robusta immunità da cellule T è presente anche in asintomatici senza anticorpi dimostrabili. Chi per età e stato di salute non sia ad alto rischio di esiti gravi potrebbe voler affrontare un’infezione naturale. Ad esempio la mortalità totale 2020 da 0 a 50 anni in Italia è stata dell’8,5% inferiore alla media 2015-19.
Strategie di vaccinazione e varianti del virus
La rapida emergenza di varianti sta già riducendo la risposta anticorpale ai vaccini, di ~3 e 6 volte, fino all’irrilevanza con plausibili ricadute anche su efficacia e durata della protezione. Si parla già di rivaccinazioni, in una rincorsa forse senza fine. I vaccini sono parte crescente di una pressione selettiva che favorisce l’affermazione di varianti, come succede con l’uso di troppi antibiotici che genera antibioticoresistenze.
Inoltre, strategie vaccinali rapide e universali, improbabili anche in paesi ad alto reddito, sarebbero comunque vanificate da miliardi di non immunizzati nei paesi poveri, da cui un mondo globalizzato non consente l’isolamento, oltre che dai vasti serbatoi animali del Sars-CoV-2.
Le reazioni avverse ai vaccini
I RCT mostrano frequenze allarmanti di reazioni avverse gravi; anche quelle moderate sono molto comuni già in 1a settimana. Le segnalazioni di effetti avversi gravi sono conflittuali. Mancano valutazioni comparative nel tempo. Alcune reazioni allergiche gravi (anafilattiche) possono portare a morte se non trattate subito in modo efficace. Ma altre si manifestano in tempi più lunghi, ed effetti avversi a medio-lungo termine resteranno ignoti in assenza di adeguate ricerche comparative.
La sorveglianza sulle reazioni avverse
In assenza di un buon sistema di sorveglianza attiva (che non è in atto) si è dimostrata altissima sottostima della frequenza e gravità delle reazioni avverse dopo le vaccinazioni.
Altri effetti avversi dei vaccini
Vaccini basati su tecniche innovative possono avere anche effetti diversi da quelli finora noti: possibilità di malattia polmonare più grave quando un vaccinato incontra i virus circolanti, come avvenuto per i vaccini contro SARS, MERS, RSV in modelli preclinici, precludendo successivi sviluppi; effetti gravi sulle piastrine, o sulla pressione arteriosa; rischio di reazioni autoimmuni.
Fonte: numero speciale sulla vaccinazione anti Covid-19, in partnership con Fondazione Allineare Sanità e Salute: stato dell’arte al 26-4-2021 (con l’intento di fornire aggiornamenti alla comparsa di novità di rilievo).
Per saperne di più scaricate il documento integrale
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