Possibile che il trattamento con statine sia una delle cause principali del grave esito del Covid-19? Secondo Uffe Ravnskov, ricercatore indipendente che ha ricevuto lo Skrabanek Award nel 1999 dal Trinity College per i suoi originali contributi nel campo dello scetticismo medico, sarebbe proprio così. Il medico danese, in un articolo rilasciato il 4 aprile sul BMJ, ha riportato i dati di uno studio effettuato su pazienti cinesi affetti da Covid-19, con livelli di colesterolo inferiori al normale.
Secondo Ravnskov, la ragione potrebbe essere che un basso livello di colesterolo predispone alle malattie infettive, dovuto all’insufficienza di molecola LDL, elemento “capace di disattivare quasi ogni tipo di microrganismo o tossina”. Il ricercatore ha affermato che il colesterolo-LDL sia in grado di contrastare il virus, e che quindi coloro che stanno lottando contro i peggiori sintomi del Covid-19 dovrebbero interrompere l’assunzione delle statine almeno fino alla completa guarigione.
Il dibattito: il colesterolo basso favorisce la malattia o la malattia abbassa i livelli di colesterolo?
Le parole di Ravnskov, tuttavia, hanno suscitato un’accesa polemica. Matteo Pirro, capo del dipartimento di medicina interna dell’Università-ospedale di Perugia, ha replicato che potrebbe essere l’esatto opposto rispetto a quanto affermato dal collega danese. Quindi, secondo lui e il suo team, sarebbe il Covid-19 ad abbassare i livelli di colesterolo, similmente a quanto avverrebbe con altre malattie infettive. Pirro ritiene quindi che le statine siano fondamentali, invece, a ridurre i rischi cardiovascolari che ricollega al colesterolo, senza influire negativamente sulla prognosi dei pazienti, anzi migliorandone le prospettive.
Non è mancata la pronta risposta di Ravnskov. Il ricercatore ha messo in dubbio l’attendibilità degli studi citati da Pirro in merito al ruolo dello statine nel contrastare l’infezione. Infatti, non sarebbe certo se i pazienti abbiano continuato o meno ad assumere tali farmaci. Anzi, secondo Ravnskov il 40-80% di questi avrebbe interrotto l’assunzione di ogni terapia basata sulle statine, a causa dei numerosi effetti collaterali che essi causano.
“Quindi”, afferma Ravnskov, “negli articoli citati da Pirro, gli autori hanno confrontato persone che potrebbero aver avuto colesterolo alto per tutta la loro vita con altre che non ricevevano alcun trattamento, la maggior parte delle quali potrebbe aver avuto livelli normali o bassi di colesterolo”. Secondo Ravnskov la prova sono i 68.000 anziani osservati in una metanalisi di 19 studi. Tra questi, quelli vissuti più a lungo erano quelli con i più elevati livelli di colesterolo-LDL. Risultati confermati da altri 8 studi di 700.000 individui citati dal ricercatore.
Colesterolo, impatto sulla prognosi?
Laura D’Erasmo, specialista di medicina interna, ha invece invitato alla prudenza. La dottoressa ritiene bisogni andarci cauti nell’interpretare la relazione tra i livelli di lipidi nel sangue e il Covid-19, perché i dati attuali non permetterebbero di trarre conclusioni certe. Tuttavia, D’Erasmo e il suo team propendono per l’idea secondo cui il livello di colesterolo abbia un effetto neutrale sul Covid-19, ma che possano descrivere lo stato metabolico del paziente, e quindi avere un impatto sulla prognosi. Ravnskov ha risposto anche alla dottoressa. Dopo aver osservato gli studi da lei citati, ha notato che in alcuni molti pazienti osservati stavano assumendo statine. In altri invece non viene specificato se gli alti livelli di lipidi fossero dovuti al colesterolo-LDL o ai trigliceridi. Mentre i primi avrebbero effetti positivi sul sistema immunitario, i trigliceriti sarebbero un marker di sindrome metabolica.
Potete scoprirne di più in “Colesterolo? Sì, grazie. Scopri come e perché il grasso e il colesterolo ti fanno bene” di Uffe Ravnskov, pubblicato da Fioriti Editore. Leggete anche Colesterolo, perché non succede niente? su Medicina e Società. La newsletter di Uffe Ravnskov è tradotta regolarmente da Gabriele Lo Iacono.
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