Talvolta un’intera vita è condizionata da un evento. Un singolo trauma, avvenuto a un bambino, può ripercuotersi per l’intero prosieguo della sua esistenza, accompagnandolo nella vita adulta come un fardello di cui sembra impossibile disfarsi. Questo fattore, per decenni sottovalutato, è divenuto oggetto dell’interesse di una nuova corrente scientifica. Di questa fa parte anche “Riparare il trauma infantile“, scritto da Anna Rita Verardo e Giada Lauretti, frutto di anni di esperienza maturati dalle autrici. Il libro, pubblicato da Fioriti Editore, si erge a difesa dei bambini con sintomi di traumatizzazione. Fornendo a psicologi, psicoterapeuti e genitori le strategie necessarie per comprenderli e aiutarli.
Una guida per genitori di bambini con un trauma…
Nel libro, le autrici indagano sui comportamenti dei bambini che possono essere dovuti a un trauma subito. Come viene spiegato nel testo, “l’aver sperimentato una condizione di maltrattamento e abuso porta il bambino ad avere uno scarso controllo degli impulsi, una minor empatia e una carente capacità di comprendere gli effetti delle proprie azioni sugli altri. I comportamenti aggressivi potrebbero anche essere accompagnati da freddezza, distacco emotivo, mancanza di rimorso e di senso di colpa”.
Qualora dovesse verificarsi una situazione simile, Anna Rita Verardo e Giada Lauretti guidano per mano i genitori di questi bambini, esortandoli a insegnare loro “come interagire con gli altri in modo adeguato, spiegandogli i vari passaggi di un’interazione e i motivi sottostanti a ogni fase. Le modalità di spiegazione non dovranno farlo sentire colpevole o cattivo, ma dovranno comprendere atteggiamenti di rinforzo rispetto ai comportamenti positivi. Questo migliorerà le interazioni sociali aumentando l’autostima del bambino e la fiducia nelle sue capacità”
…e specialisti
“Riparare il trauma infantile”, tuttavia, non si rivolge esclusivamente ai genitori, ma anche agli specialisti. In riferimento ai bambini che non hanno mai avuto accesso a una sensazione di sicurezza, le autrici spiegano che bisognerebbe “favorire questa sensazione costruendo un posto sicuro nella stanza di terapia. Intanto incoraggiamo il bambino a disegnare un posto reale o immaginario dove potersi sentire calmi e sicuri. Può essere un luogo visitato oppure un posto che il bambino ha visto in televisione. Se il bambino dovesse scegliere un posto dove il terapeuta sa che sono avvenuti episodi di minaccia, maltrattamento e abusi bisognerebbe chiedere al piccolo paziente di scegliere un posto della fantasia, dove ci siano sentinelle che fanno da guardiani permettendogli di essere rilassato e calmo”.
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