di Dott. Cristiano Ardovini, Medico, Psicologo Clinico, Psicoterapeuta
I disturbi dell’alimentazione (DA) sono considerati, dal punto di vista clinico, disturbi di significativa gravità, nei quali sono coinvolti molti fattori eziopatogenetici e nei quali si rileva il frequente se non costante coinvolgimento della dimensione somatica, la cui rilevanza non può e non deve essere mai sottovalutata nella loro gestione terapeutica. Ben si comprende, allora, la necessità di programmi di cura che si fondino sull’integrazione di interventi terapeutici multidisciplinari. Un’esigenza ben esemplificata nelle linee guida elaborate dal National Institute for Health and Care Excellence (NICE) nel 2017, riviste poi nel 2020, e dall’American Psychiatric Association (APA) nel 2022.
Evidente come il coinvolgimento di figure professionali dalle distinte competenze implichi la necessità di costruire e mantenere livelli funzionali di comunicazione tra gli operatori, così da garantire un’autentica integrazione degli interventi di cura, piuttosto che una semplice, limitata e limitante giustapposizione. E come un tale risultato non sia per nulla agevole da realizzare nell’agire terapeutico, viste la complessità del quadro clinico così patognomonica dei DA e l’intensa attivazione emozionale a cui sono di solito sottoposti i diversi specialisti che della cura sono chiamati a occuparsi. Fondamentale, allora, in tal senso, poter disporre di una cornice epistemologica che, con i suoi assunti, permetta la definizione di quei precipitati clinici in grado di guidare scelte terapeutiche che facciano dell’integrazione, appunto, il loro obiettivo prioritario per il trattamento dei DA. E, tra i possibili candidati ad assolvere un tale ruolo, presenta credenziali credibili la prospettiva cognitivo-evoluzionista, nata dall’incontro dialettico tra i principi del cognitivismo clinico e i concetti propri della teoria evoluzionista della motivazione (TEM). Dimostrazione evidente in tal senso ne è il volume La co-terapia nei disturbi dell’alimentazione: un modello cognitivo-evoluzionista, il cui filo conduttore che ne lega i diversi capitoli, già identificabile nel titolo, è il concetto di co-terapia, sinonimo di trattamento integrato. Il suo alone semantico è tutto racchiuso e sintetizzato in quel prefisso co, foriero della centralità della dimensione relazionale della cooperazione paritetica, non solo tra paziente e operatore, ma anche e soprattutto tra i diversi specialisti coinvolti nel percorso di cura.
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