Il 14 novembre a Bolzano si è concretizzata un’altra tappa di un percorso di ricerca iniziato nel 2017, ideato e sostenuto da Officina del Pensiero di Bolzano / Trento. Ricerca i cui esiti sono stati pubblicati nel testo Disturbi specifici della (relazione) di apprendimento. Un approccio ecologico alla didattica, alla diagnosi precoce e all’intervento sui DSA, di M. Gandolfi e A. Negri, Fioriti Ed. 2023.
Si è trattato della presentazione ufficiale dei risultati nel territorio in cui Miriam Gandolfi vive e lavora dal 1976 e che ha visto nascere il suo interesse per questi disturbi dello sviluppo dei bambini già da studentessa universitaria. Allora i DSA erano indicati con il termine comprensivo di legastenia, derivante da una cultura psichiatria mitteleuropea, di fine ‘800, che parlava prevalentemente tedesco.
La ricerca, conclusa nel 2020 causa restrizioni pandemiche, ha coinvolto una decina di giovani Colleghe e Colleghi che hanno accettato la modalità autogestita ed autofinanziata con cui, per scelta deontologica, Officina del Pensiero opera dal 2001.
Grazie alla collaborazione dei Genitori, delle Dirigenti e delle Insegnanti, abbiamo avuto accesso a Scuole Materne della Lombardia e del Trentino allo scopo di validare una procedura diagnostica e riabilitativa, da noi attuata in ambito clinico già dal 1992, finalizzata a risolvere le difficoltà definite DSA. Infatti, se affrontate precocemente e comprendendo i processi fisiologici alla base del loro esplicarsi, è possibile evitarne l’esordio o la cronicizzazione a cui porta l’attuale approccio mainstream al problema.
Infatti questo ci dicono i dati statistici ufficiali, da cui risulta che paradossalmente le diagnosi aumentano nel corso del passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria di primo grado e poi a quella di secondo grado, dove ormai benché riconosciuti, trattati e tutelati dalla legge specifica 170/2010 si riscontra una presenza di soggetti con BES fino al 25% degli studenti.
Siamo in attesa di conoscere l’incremento ufficiale, empiricamente già noto, della presenza di studenti universitari che necessitano e chiedono misure compensative e dispensative.
Impossibile dunque ignorare la gravità del progressivo fenomeno dell’iperdiagnosi che sembra consegnare le generazioni future ad un declino di quelle facoltà che hanno reso il genere umano così evoluto nel costruire e trasmettere conoscenza, di cui la padronanza di scrittura, lettura e calcolo sono il fondamento.
Ecco allora la scelta della location apparentemente bizzarra: la floricoltura Schullian, che da tre decenni offre occasioni di incontro ed accoglienza non solo a piante rare e della provenienza più esotica, ma anche ad eventi di spessore culturale indiscusso.
Una scelta, dunque, assolutamente coerente in quanto nel maggio 2018 eravamo lì a parlare, con Alessandra Viola, delle Intelligenze, mettendo al centro gli allora recenti studi su quella delle piante in connessione con quella umana. In quell’occasione abbiamo trovato il nome del nostro gruppo di ricerca: Pando. La foresta di pioppo tremulo dello Uta, in realtà un’unica pianta, l’organismo vivente più antico del pianeta, vecchio di 80.000 anni. L’abbiamo scelto come metafora di cosa significhi complessità e connessione di tutti gli elementi, modo elettivo di comprendere la natura e i fenomeni della vita delle persone.
Ecco svelato il senso del sottotitolo del libro: Un approccio ecologico alla didattica, alla diagnosi precoce e all’intervento sui DSA.
Come afferma la citazione di David Quammen, riportata nella prima pagina del testo,
“C’è chi pensa che l’affermazione “tutti i viventi sono connessi tra loro” sia l’idea centrale dell’ecologia. Ma per Ostfeld questa è solo una banale tautologia. Il vero obiettivo della scienza è capire quali creature sono più intimamente connesse di altre e in che modo, e quali risultati si ottengono, se si cambia o si disturba l’equilibrio”. (David Quammen 2012).
In un epoca in cui, con il termine Ecologia, si spaccia ogni sorta di banalità se non di ideologie bizzarre, ciò che caratterizza lo studio intrapreso e documentato, anche nelle sue applicazioni concrete, è l’equilibrio che lega tutte le funzioni di un bambino quando si affaccia al mondo, l’equilibrio che lo lega alle relazioni del microcontesto familiare che lo accoglie e del macro contesto scolastico e sociale che di lui si occupa per renderlo un membro attivo di quella società.
Dunque conoscere e preservare quelle risorse di cui madre natura ha dotato gli umani e che hanno consentito loro di evolvere, proprio grazie all’invenzione della scrittura (nella varietà incredibile dei diversi sistemi di scrittura in lettere, cifre e altri sistemi astratti) come mezzo di comunicazione e trasmissione delle conoscenze accumulate è il mezzo privilegiato per prendersi cura del futuro.
Inequivocabilmente i bambini e le piante rappresentano il nostro futuro di sopravvivenza e i libri la nostra possibilità di trasmissione delle conoscenze utili a coltivarla e trasmetterla. Dunque la scelta delle misure dispensative e compensative che in vari Paesi, Italia compresa, stanno abolendo l’uso della scritto-lettura e accettano il declino biologico dei cuccioli d’uomo come ovvio ci appare quanto mai autolesiva per la specie stessa.
Da qui è nato l’impegno a cercare, trovare e proporre un nuovo paradigma di comprensione e una possibile via alternativa; il testo citato ne documenta la fattibilità aderendo ad un metodo rigorosamente scientifico, applicato ad un campione “pulito” di 163 bambini tra i 4 ed i 6 anni. Il libro contiene, oltre alla irrinunciabile cornice teorico-scientifica, parti specifiche operative per genitori, insegnanti e specialisti psicologi e neuropsichiatri infantili.